Antefatto a Montepolesco

Dagli appunti del cronista anonimo: Invertendo l’ordine degli addendi, i conti non tornano... Perché? Qui di seguito il cronista anonimo riporta il racconto scombinato di un tale, chiamato “ il pazzo del villaggio”

Antefatto a Montepolesco

Dagli appunti del cronista anonimo: Invertendo l’ordine degli addendi, i conti non tornano... Perché? Qui di seguito il cronista anonimo riporta il racconto scombinato di un tale, chiamato “ il pazzo del villaggio”


Una scia di polvere sotto la collina accompagna lo sferragliare di un sidecar, impegnato ad affrontare il sali-scendi dello stradone che dalla valle del Musone, sulla strada per Filottrano, conduce a Montepolesco.
Sin dal mattino lungo la strada si è notato un movimento di truppe insolito fino ad oggi, 1 luglio 1945. Che si tratti di una ritirata delle forze tedesche?
Poi in tarda mattinata l’animazione si è ricomposta nelle pieghe della vegetazione folta del bosco di lecci, querce, pini, abeti, e quanto altro.Anche il frinire delle cicale si è interrotto bruscamente, all’improvvisa comparsa dello scoppiettante sidecar, poi scomparso dopo il dosso nella cunetta della strada che poi conduce in prossimità dell’antica fonte.
Di fronte un leccio segna l’inizio della strada privata che conduce alla villa secentesca del luogo.Ricompare il sidecar in cima al dosso, accolto da una sventagliata di mitraglia. I due malcapitati, il conducente e il passeggero nel carrozzino, tentando istintivamente l’inversione di marcia, sono catapultati fuori dal mezzo meccanico, giusto il tempo dileguarsi dentro la siepe di spini oltre il ciglio della strada. Il cronista, ben appostato in cima alla collina di fronte, fra i cespugli, un querciolo e un arbusto di cerro, e san-guinella, per un istante, perde la sequenza, mentre cerca di pulire le lenti impolverate di un piccolo cannocchiale.Ha puntato inttorno, in basso, in alto, ma invano. Il side-car e gli occupanti sono scomparsi e miracolosamente sottratti alle micidiali armi automatiche dei ... chi sono? “ Partigiani”. Gli ha detto poc’anzi in contadino che, da-vanti l’aia della casa colonica, fiutando aria di tempesta, si è affrettato a riporre in stalla le due mucche appena aggiogate al biroccio per a portare al mulino le granaglie.Dopo il trauma dell’eccidio di Filottrano, forse conse-guenza delle avventure di guerriglieri improvvisati, un altro grave episodio si è annunciato sotto il sole di una delle colline intorno al paese. Monte Polesco non dista molto da Filottrano. In cima alla collina un bosco lussu-reggiante nasconde una villa, teatro anch’essa di una ne-fandezza perpetrata dall’invasore. Secondo l’opinione corrente il grave fatto di sangue ha avuto una dinamica imprevedibile. Il conte*** sentendo chiasso al piano terra in prossimità dell’entrata sulla destra del corpo centrale del fabbricato, ciampicando, senza bastone, ebbe l’intenzione di verifi-carne di persona la causa del rumore persistente. Uno sciagurato soldato tedesco, nella semioscurità del corridoio che porta all’uscita, ha improvvisato una sven-tagliata di fucile mitragliatore, recidendo la vita dell’ an-ziano signore come una festuca secca sotto un improvvi-so refolo di vento. Appena, avuta la notizia della sua tragica morte, ho avu-to il capogiro. Lo rispettavo, per il tanto che mi era con-sentito, senza la minima ombra di asservimento. Solo al-lora però, avviene sempre così, mi sono reso conto che lui è sempre stato un grande, non solo in occasione delle necessità spiccile della vita pur avendogli la sorte asse-gnato il ruolo del padrone, ma sempre anche quando pen-savo a fatti ancor più insignificanti. Quando, le rare volte, lo incontravo lungo i sentieri dei boschi, appoggiato sul suo ruvido bastone, mi guardava fisso negli occhi, misu-rando i miei pensieri fino in fondo all’anima per capi-re...senza che avessi modo di fiatare, mettendomi a disa-gio, spogliandomi nel modo più classico del verme. Solo una volta in uno di quei frangenti mi sono ribellato. “ Sor padrò...voi ve polete permette ‘sto comportamento saccente, perché...però invertendo l’ordine degli adden-di, i conti non tornano...Perché? Avevo forse osato troppo? Il suo volto passò dall’ espres-sione dell’ irritato a quella del sorpreso. Da quella volta l’ho incontrato solo in lontananza e dire che di anni ne sono corsi. Io però continuo ad essere il suo mezzadro. Ad onor del vero, nei momenti più bui della mia fami-glia, povera, causa malattie e disgrazie varie, di mattino presto, prima dell’alba, quella era sempre stata la mia le-vata, ad intervalli quasi regolati sotto la tettoia del fienile, qualche volta trovavo un sacco di farina, qualche altra un paio di scarpe dismesse, ma quasi nuove, qualche altra ancora un abito... Pazzia? Non del tutto la mia. Per non pensare. Anche perché a me non è dato di sapere dove si trovino iconfini fra la pazzia e la salute mentale. Almeno a me non me lo hanno mai spiegato con chiarezza. Non sono stato a sentire neanche i particolare di chi, da-vanti alla fonte di Monte Polesco, stava tentando di con-getturare il particolare della nefandezza commessa da po-co. Riparato in mezzo agli steli alti del granturco, ho fatto il possibile per non essere notato, ma poi quasi in modo ir-refrenabile l’istinto mi ha fatto pensare alla mazza e all’ incudine, già allestiti all’ombra davanti al fienile per affilare la falce. Dopo la notizia, dentro la mia testa è accaduto qualcosa, come se si fosse rotta la molla che comanda l’intero con-gegno. “Battendo la mazza sopra l’incudine ad intervalli regola-ri, lontano dai cannoni, difendo la mia libertà a danno di quella degli altri...ma gli altri qui intorno, infastiditi e non già dalle mie intemperanze, si contano sulle dita di una sola mano. Sono anche lontane le case coloniche, l’una dall’altra. E poi chi sono costoro?
Non avrei mai immaginato che, in aperta campagna, sotto il solleone una canna di fucile mi avesse punto il fondo della schiena con l’effetto di una causa esterna non pre-vedibile, perché così immaginavo che fosse, mentre vol-tavo la schiena alla sorpresa. Mi sono girato in tempo per notare un sorriso ironico. Crudele. Apparteneva alla figura di un uomo nero, che oscurava la sorgente di luce. Giuro, lo avrei ammazzato con la maz-za in testa se appena fosse precipitato in un frammento di distrazione.Che fosse lui l’autore dell’omicidio del mio padrone?