Uno sdentato e moccioso si propone fra una frotta di bambini a caccia di robe da mangiare. Il suo ardire è tale per cui:
- Leo non ce l’ hai più il cioccolato?
- Nsermì... Carletto...Tito...
Le donne indiavolate lassù all’imboccatura del vicolo schiamazzavano non appena l’ombra dei munelli si allontanava dalla loro vista.
C’è da capirle ‘ste donne, ‘ste madri in trepidazione, dati i tempi, per i loro figli. Solo ad esse l’onore di far presenza in ogni luogo del borgo, come se nulla fosse, quando incombe l’invasione. La paura perciò appartiene a tutti, specie per gli uomini giovani, quelli che alla guerra, per una ragione o per un'altra, per quanto plausibili, non ci sono andati o ne sono fuggiti, costretti a vivere alla macchia.
Leo, per gli amici, Leon per la storia e per i suoi soldati, non si scompose più di tanto, neanche quando un bambino, il più spregiudicato, ha fatto in tempo ad arrampicarglisi, dietro la schiena, fino a lambirgli il collo con le sue manine non del tutto immacolate.
- Nsermì, curri. A casa subito!
- No, mamma io...
Paf! Un calcio in culo. Giò a corre per sfuggì alle grinfie della madre indiavolata.
- Tanto te pijo, figlio di una...che saria io.
La donna si ricompose, con il fiato corto e la schiuma di rabbia intorno alla bocca, dopo aver recuperato lo zoccolo perduto per aver tirato calci.
Leon rimase allibito solo per un istante, tanto la sua abitudine si era misurata in altri luoghi con altrettanti fatti inconsueti! Il battaglione che comandava era dislocato da pochi giorni nella pianura fra le ultime case del borgo ed il Fiumicello. Aveva anche fatto in tempo a prendere rapidamente familiarità con la gente. Ora tutto intorno si proponeva una calma piatta, come se il mondo si fosse fermato ad osservare i misfatti accaduti e quelli che immaginava sarebbero dovuti accadere. Egli si trovava in un vicolo a cul de sac, di una stradina laterale, tanto per assecondarlo nei suoi pensieri, era alla ricerca di un qualcuno che forse gli sarebbe stato utile ad informarlo sui particolari del terreno.
Si era di mattino inoltrato del 3 di luglio.
All’alba il comando di divisione Vilno gli aveva ordinato di perlustrare la collina di fronte, martoriata per giorni e giorni dai bombardamenti degli alleati. Naturalmente Leon pensava di essere in sintonia con i comandi superiori, però davanti al fronte che scotta ci stava lui, e soprattutto i suoi soldati. Guerrigliero sì Leon, ma prudente. Non a caso i suoi soldati gli volevano lo stesso bene di un padre, nonostante la sua età fosse spesso molto inferiore alla maggior parte di essi. Dopo la sfuriata della madre de ‘Nsermì se ne propose un’altra all’attenzione di Leon, nella vana ricerca di parlare con qualcuno che lo ragguagliasse in quale luogo dirigersi alla ricerca di Arnaldo.
- Tu si stupida, stronza. Per fortuna del nome... [Cristina]Non ti vergogni di bestemmiare come un facchino?
- Porca...Porc...Non sono stata io, è stata Minara...
- Sei pure busciarda.
Leon, in mezzo alla rissa fra popolane, riuscì a stento a portarsi le mani sulle tempie. Con lo sguardo rivolto in cielo di chi voglia essere esaudito “ Signore Iddio dove sono piovuto?”. Timidamente, dopo aver alzato un dito verso l’alto, ot-tenne una tregua temporanea. Rivolto poi a Minara, fece in tempo a dire, con voce dimessa:
- Arnaldo dove abita? Sapete se è in casa? Fece le due domande in tempo appena prima che riprendesse l’alterco. Nessuna risposta. La fortuna tuttavia gli venne incontro. Poco più giù vide una bambina biondissima. Riccioluta.
- Come ti chiami?
- Daia.
- Ciao, Daia. Intese darle qualche caramella. Ne trasse di tasca una manciata.
- No...no...mamma non vuole!
- Sai dove posso trovare un signore di nome Arnaldo?
- Sì, è ziu. E’ là.
Indicò d’un sol fiato l’ultima casetta di sinistra, in fondo al vicolo. Poi si mise una manina sulla fronte per ripararsi gli occhi dalla luce del sole nel seguire l’uomo alto verso il luogo appena indicato. Leon ci si diresse a grandi passi.
Bussò. Continuò a bussare. Nessuna risposta.
- Ciao, polacchetta! Se ne andò in preda alla delusione, mentre la polacchetta lo seguì con lo sguardo un po’ attonito, senza saperne il significato.
Arnaldo della famiglia Stefani - titolo 1
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