Quanti milioni di diari sono sparsi nell'etere? Milioni di milioni. Quando i filosofi greci elaborarono il concetto del numero come infinito spuntò fuori l’idea geniale. Dopo essersi messi a contare senza tregua, arrivati senza fiato all'ultimo numero possibile, conclusero: " siamo arrivati fin qui ? C’è sempre un + 1 da agiungere fino a…[senza limiti]. E perché non dovrei scrivere anch’io un diario? Di emozioni dentro e fuori pelle ne posso raccontare molte. Lungi da me scrivere l’autobiografia. Però saltando di picco in picco, precipitando da buca in burrone, ho ancora tutte le ossa, sebbene abbiano, talvolta, sopportato scossoni al limite di ogni ragionevole sopportazione…
Oggi è accaduto un fatto, di cui, lì per lì, non sono riuscito a rendermi conto. Due uomini, all’improvviso, sono comparsi sull’aia di casa nostra, mentre nonno ed io stavamo ricucendo la recinzione dove i conigli si erano creati un varco. A nonno la libera uscita dei conigli non garbava molto per tante ragioni. Quelli erano vestiti di nero. E' stato nonno, per primo, a voltare le spalle, dopo aver sentito un rumore sospetto. Io stavo fuori; all’esterno della recinsione. Il mio compito consisteva nel passare a nonno il fil di ferro fra una canna e l’altra, per fissarle insieme, dopo averle piantate in terra. Anche nonno si sorprese. Essendosi girato, ebbi più visuale verso quelli. Uomini alti: addosso croci nere, pendagli e medaglie, distribuiti qua e là, anche accessori di pelle, sempre neri, campeggiavano un po’ ovunque sui loro indumenti. Dopo essersi guardati intorno alla ricerca di qualcuno o di qualcosa, ci scorsero. O meglio, scorsero nonno. Io mi feci piccolo dall’altra parte dello steccato, appiattito in terra con in cuore che batteva a stantuffo. Mi avevano visto? Uno, quello più vicino al pozzo, lanciò una specie di bastone, sempre nero, che, ricadendo, esplose fra polvere e fuoco. L’altro, per non essere da meno, puntò in alto la canna del fucile ed esplose un colpo. Sotto il cielo sereno, limpido, dopo la giornata di ieri, un po’ ventosa, si formarono due nuvolette sopra l’aia. Poi evaporarono in un alito di acredine. Mai prima avevo visto sui tratti del viso di nonno dipingersi il terrore…
Nonno nel frattempo si è ripreso…Scomparso giusto il tempo di prelevare dalla cantina un boccale di vino e due bicchieri. Mi hanno scoperto. Quello della fucilata si è avvicinato alla fratta. Mi ha sollevato di peso, per depositarmi dentro la recinzione come un sacco di patate . L’altro, quello del bastone esplosivo, si è avvicinato alla porta di casa. L’ha presa a calci per aprirla. Non ha risposto anima viva. La porta laterale dà accesso alla stalla. Aprendola con lo stesso sistema, l'ha trovata vuota come tutto il resto della casa. Niente e nessun segno di vita. Nonno si è avvicinato al soldato con il fucile. E' comparso sul suo viso, deturpato dalla traccia bianca di una cicatrice rimarginata da poco, un sorriso sinistro di approvazione, mostrando denti e labbra ingialliti dal fumo.
“ Rauss…” è stato l’urlo con il quale ha accompagnato il dito sollevato a mezz’aria. Era rivolto a me. Nonno mi aveva sempre raccomandato di non camminare al contrario. Secondo lui è peccato. Non avevo mai avuto prima di allora la sensazione che mi avrebbero potuto sparare alle spalle. Anche sparare era un significato mai prima comparso alla luce della mia mente. Forse la combinazione degli spari di poc’anzi me ne hanno scritto in essa, in modo indelebile, il significato. Non sapevo neanche cosa volesse dire sparare. In ogni caso ho voluto vedere se lo avesse fatto. Che dire dello spavento? Meglio non parlarne! Lentamente ho camminato all’indietro mentre il tale, bevendo il primo bicchiere di vino, mi ha seguito di soppiatto con gli occhi infuocati. Sono caduto a terra, inciampando in un ciuffo d’erba, cresciuta fra gli interstizi dei mattoni sull’aia…Il gioco è finito lì però. Il fuciliere, troppo interessato al vino, ha perso l'attimo della mia scomparsa, mentre tendeva il bicchiere affinché nonno lo riempisse di nuovo. Con il cuore in gola ed il caldo umido fra le gambe [ho fatto la piscia senza accorgermene], mi sono nascosto fra il folto nella macchia i tamerici.
Da dietro mi sono sentito toccare alla spalla sinistra. Era mamma Angelina. Non ho avvertito neanche un fruscio, nell’avvicinarsi. …Era venuta alla mia ricerca, per il troppo tempo trascorso fuori dal suo controllo. Solo ieri l'altro ci siamo trasferiti nel rifugio allestito sotto la vigna di Gigio de Dunnì.
Non sono riuscito a distogliere lo sguardo dalla scena davanti l’aia, prima di abbandonare il nascondiglio. Due sgabelli su cui sedevano sbragati gli uomini minacciosi e nonno Checco in piedi davanti a loro mesceva i continuazione vino con ampi gesti di braccia.
Mi sono ribellato nel tentativo di mamma di trascinarmi via…non potevo fare altrimenti. Abbiamo dovuto percorrere il sentiero verso le pendici della collina in cima alla quale si svolgeva la scena, per non essere visti.
Il rifugio è stato ricavato in un valloncello naturale che finiva a strettoia fra due terreni limitrofi coltivati a frumento. Sono servite appena poche travi, appoggiate ai bordi dell’avvallamento, del frascame ben intessuto e stuoie. Sopra è stato steso uno strato leggero di terriccio. Nell’intenzione dei capi famiglia, il rifugio doveva servire ad ospitare gente in previsione di bombardamenti prossimi. Le truppe nemiche erano in ritirata. E noi, a quanto sentivo dire, ci trovavamo nella vallata fra il crinale del montefanese e quello di Filottrano- San Biagio. Cioè fra l'incudine ed il martello.
Innanzitutto è necessaria una precisazione. A quei tempi io contavo poco più di tre anni di vita. Perché allora ricordi così limpidi? Credo che siano dipesi dalle forti emozioni in cui ero costretto a vivere.
Credo che risalisse proprio a quei giorni, per esempio, la “ nuova” che Peppe de Griò in compagnia di suo figlio Maro, poco più che sedicenne, ci propinò davanti alla famiglia schierata. Zio Pietro era morto “coraggiosamente” in mezzo ai monti del Pindo. Urla a destra ed a manca. Nonna semisvenuta fra le braccia di zia. Mamma disperata più di tutti, per le sorti di Attilio. Mio Padre. Tutto quello che accadeva intorno per me significava poco o niente. Forse perché il concetto di “morte” per me non aveva alcun significato concreto.
Ad ogni buon conto, al tramonto, storia di oggi, nonno si è ripresentato davanti al rifugio, allo stato libero. Era insieme a “staffetta”. In realtà dietro a quell’epiteto si nascondeva un uomo, che avevo avuto l’occasione di vedere davanti casa nostra, prima di oggi. Sempre in bicicletta, peraltro scalcinata offriva piccoli servizi ed acquistava pellame. A quest’ora si è proposto e credo sia stato la salvezza di nonno, a detta di molti al rifugio.
Intervennero sulla piazza a togliere d’imbarazzo nonno, Alvaro, Sciamblè, O Moro ed altri. Dopo aver disarmato i due intrusi, completamente in preda all’alcol, furono caricati su un furgoncino senza pneumatici alle ruote e senza portiere con cui chiudersi dentro.
Non c'era molto da mangiare. Nonno ha portato un po' di mele dal "melaro". Le mele di settembre freschissime, coperte dalla paglia, durano fino a maggio all'arrivo delle prossime di San Giovanni. e 'se donne hanno cucinato a fatica patate lesse, per evitare fumi, e soprattutto fuochi.
Mamma e zia Nuna, sedute con la schiena appoggiata contro la parete di fondo del rifugio e le gambe stese sulla nuda terra si sono predisposte per la notte e mi hanno fatto da letto. Sono caduto nel sonno mentre nello sfondo avvertivo esplosioni lontane. Mi hanno detto che erano di mortaio, i più intensi di cannone. Tutti mostri che nella mia immaginazione non avevano alcuna forma ben definita. Incubi. Dopo il " rauss..." urlato dal tale. Ho cominciato a camminare all'indietro. Ho sentitolo lo sparo. Una fiammata in petto. Le membra si sono sciolte nell'abbandono delle forze. Le ginocchia hanno ceduto. Sono caduto faccia in avanti. Sono morto. Addio Franchino!
Solo Tirino, Tirì..., per me, al sorgere del sole, dopo avermi leccato con insistenza sulla faccia, mi ha abbaiato, avvisandomi che lui c'era e che era ora di scorrazzare per campi. Quello della fucilata e stato solo un incubo.
Da quella volta, quando soffro d'incubi, anche i più nefasti, nel sonno mi dico." Non è vero. E' solo un sogno". Finora ha funzionato!
Al tramonto davanti all’imboccatura del rifugio è accaduto un fatto che mi ha lasciato perplesso. Un ragazzo, appoggiato contro il palo destro a sostegno della copertura, dopo aver trattenuto invano un rigurgito dal profondo dello stomaco, ha sputato sangue a fiotti. E' svenuto subito dopo, non si sa se per lo spavento, per debolezza o male, quello oscuro. Inspiegabile anche a giudizio dei presenti, che si guardavano attoniti l’un l’altro.
Un bambino forse non possiede il senso della gravità delle cose, fatto si è comunque che nella memoria mi è rimasta impressa la scena del mattino dopo, nella quale nonno, in tutta fretta, e senza avvertire nessuno, per l'aggravarsi del ragazzo durante la notte, è venuto davanti al rifugio con il barroccio a due ruote, trainato dalle mucche Serena e Giuditta. Nonno e Peppe Accattoli tentavano invano di caricare il corpo disarticolato del ragazzo nella sua estrema debolezza. Incontrollabile. Solo con l’aiuto di alcune donne intorno sono riusciti a collocarlo sopra la barella, allestita alla bell’e meglio e in tutta fretta nel carro. Non mi sono sfuggite neanche le mani tremanti di nonno, né l’agitazione malcelata in viso di Peppe, per darsi un contegno rassicurante, né infine il gesto di disperazione di Palmina, la moglie di Peppe. Lo si può comprendere. Il ragazzo era il nipote di entrambi.
Durante la notte, oltre all’episodio, che aveva contribuito ad azzittire tutti gli ospiti del rifugio, si era aggiunta la novità dei sempre più frequenti colpi di cannone. La ragione per la quale molti avevano abbandonato le loro case, era tutta lì, i colpi di cannone ed il pericolo dei bombardamenti che si annunciavano prossimi.
Fra l’inquietudine generale mi è sfuggito anche il fatto che, dalla sera prima, avevo un braccio sporco di sangue. Mamma piangeva mentre si affaticava a ripulirmi con uno straccio bagnato in un secchio quasi privo d’acqua. Era l'emergenza. Nel frattempo, da lontano si udivano rumori sordi. I carriaggi delle truppe stavano per invadere la grande pianura davanti casa nostra; non molto lontano dal rifugio. Erano gli alleati?