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Innanzitutto è necessaria una precisazione. A quei tempi io contavo poco più di tre anni di vita. Perché allora ricordi così limpidi? Credo che siano dipesi dalle forti emozioni in cui ero costretto a vivere.
Credo che risalisse proprio a quei giorni, per esempio, la “ nuova” che Peppe de Griò in compagnia di suo figlio Maro, poco più che sedicenne, ci propinò davanti alla famiglia schierata. Zio Pietro era morto “coraggiosamente” in mezzo ai monti del Pindo. Urla a destra ed a manca. Nonna semisvenuta fra le braccia di zia. Mamma disperata più di tutti, per le sorti di Attilio. Mio Padre. Tutto quello che accadeva intorno per me significava poco o niente. Forse perché il concetto di “morte” per me non aveva alcun significato concreto.
Ad ogni buon conto, al tramonto, storia di oggi, nonno si è ripresentato davanti al rifugio, allo stato libero. Era insieme a “staffetta”. In realtà dietro a quell’epiteto si nascondeva un uomo, che avevo avuto l’occasione di vedere davanti casa nostra, prima di oggi. Sempre in bicicletta, peraltro scalcinata offriva piccoli servizi ed acquistava pellame. A quest’ora si è proposto e credo sia stato la salvezza di nonno, a detta di molti al rifugio.
Intervennero sulla piazza a togliere d’imbarazzo nonno, Alvaro, Sciamblè, O Moro ed altri. Dopo aver disarmato i due intrusi, completamente in preda all’alcol, furono caricati su un furgoncino senza pneumatici alle ruote e senza  portiere con cui chiudersi dentro.